Abbiamo sentito parlare spesso di biocarburanti: combustibili “puliti”, non derivanti da fonti fossili, che potrebbero cambiare il destino dell’automotive in Italia. Il settore elettrico, infatti, ha il grande limite delle batterie, che devono essere costruite con minerali che si trovano in grandi giacimenti in possesso della Cina. Siamo dipendenti da uno Stato non democratico, esattamente come accadeva per il gas russo. Per comprendere meglio la situazione, ne abbiamo discusso con il direttore generale di Assoambiente, Elisabetta Perrotta.
Ci spiega in poche parole cosa ci guadagna l’Italia a puntare sui biocarburanti? Qual è la posizione di Assoambiente riguardo questa nuova possibilità? In questo campo l’Italia può davvero primeggiare? Ma, soprattutto, ci spiega come fa un carburante ad essere “bio”?
“I biocarburanti sono combustibili per trazione originati da fonti rinnovabili di origine organica (biomasse, scarti alimentari, scarti zootecnici) che possono essere prodotti in Italia. Ricordiamo che con biomassa in questo contesto viene inclusa anche la parte biodegradabile dei rifiuti, compresi i rifiuti industriali e urbani di origine biologica. I biocarburanti sono considerati fonte rinnovabile: ‘bio’ sta per prodotto da matrici organiche (animali o vegetali) e non da matrici fossili (petrolio).
La convenienza per il nostro Paese sta nel fatto che i biocarburanti possono, da un lato, ridurre l’importazione dei carburanti fossili e dall’altro ridurre le emissioni di gas serra. I biocarburanti infatti possono contribuire a limitare il quantitativo di emissioni nei trasporti: lo mette in luce la IEA, l’Agenzia internazionale dell’energia, segnalando che se le emissioni globali dei trasporti sono aumentate di meno dello 0,5% nel 2019 (rispetto all’1,9% annuo dal 2000) grazie anche al maggiore uso di biocarburanti che forniscono una soluzione a basse emissioni di carbonio per le tecnologie esistenti.
I biocarburanti pesano oggi in Italia circa il 3,6% di tutti i carburanti utilizzati, ma solo il 36% dei biocarburanti usati nel nostro Paese è prodotto in Italia. La prospettiva positiva quindi è duplice: l’Italia potrebbe da un lato aumentare l’uso di biocarburanti in sostituzione dei combustibili fossili e dall’altro aumentare la quota di biocombustibili prodotta a livello nazionale”.
Dobbiamo dire addio alla “via della seta”? Le batterie dei motori elettrici si fanno con minerali che si trovano tutti in “miniere” che sono in mano cinese: quindi, siamo già nella situazione in cui eravamo col gas russo? La nostra “rivoluzione elettrica” dipende da una nazione non proprio democratica, per usare un eufemismo?
“La vicenda del gas russo ci ha insegnato che è bene non legare le forniture strategiche ad uno o pochi Paesi, soprattutto in considerazione al loro equilibrio politico-sociale. Vale per l’energia ma vale anche per i materiali critici necessari per la transizione energetica (minerali per batterie, motori elettrici, pannelli, chip). Occorrerà quindi ridimensionare con gradualità la dipendenza dalla Cina e procurarsi tali materie prime da altri Paesi ma anche estraendoli dai nostri rifiuti, quando possibile.
Il tema delle materie prime critiche (CRM) è sempre più al centro delle politiche europee e delle iniziative normative che le Istituzioni europee stanno adottando per ridurne al massimo le perdite e garantire il massimo recupero. Proprio in quest’ottica, il settore del riciclo e del trattamento dei rifiuti è fondamentale e strategico per intercettare i flussi dove è possibile recuperare e reimmettere nei cicli produttivi tali materie, offrendo un contributo tangibile alla trasformazione, in ottica circolare, dell’attuale sistema economico.
Per garantire e sviluppare tale percorso serve però ricordare ancora una vota che è necessario rendere sempre più oggettivo e scevro da preconcetti ogni argomentazione e valutazione sui possibili contributi che il settore della gestione rifiuti può fornire, anche rispetto a questo tema, e adottare un approccio olistico per promuovere il riciclo e la gestione efficiente dei rifiuti: questo include investimenti nell’innovazione tecnologica, nella ricerca e nello sviluppo e l’implementazione di quadri normativi efficaci e iter burocratici-amministrativi più snelli per garantire che il riciclo delle CRM sia sicuro, efficiente e sostenibile.
Il discorso sulle CRM però non è semplice. In certi casi, infatti, l’impiego di materie critiche ottenuto da riciclo è impossibile, mentre in altri il riciclo di questi materiali, soprattutto quando impiegati in leghe con basse percentuali, è estremamente complesso e spesso richiede costi economici e ambientali elevati. In un’ottica di resilienza nazionale rispetto a tali materiali sarebbe necessario, in primo, incentivare lo sviluppo di una capacità produttiva in grado di assorbire le CRM prodotte dal riciclo e, in attesa di tale sviluppo, non renderne difficile l’export, soprattutto verso Paesi capaci oggi di elevati tassi di efficienza di trattamento (es. Giappone), per non perdere risorse importanti e un valore economico che aiuta le imprese a portare avanti le proprie attività di riciclo.
Per quanto riguarda i sistemi energetici alimentati da energia pulita rinnovabile, la realizzazione di impianti solari fotovoltaici (PV), parchi eolici, veicoli elettrici (EV) richiede generalmente più minerali rispetto ai loro equivalenti convenzionali. Ad esempio una tipica auto elettrica richiede sei volte l’input di minerali di un’auto con motore termico. Dal 2010, la quantità media di minerali necessari per le nuove unità di generazione di energia è aumentata del 50%, in linea con l’aumento delle quote di rinnovabili. Poiché le risorse minerarie, al pari delle fossili, non sono rinnovabili, diventa estremamente importante valutare l’andamento tendenziale dei loro consumi, così come la possibilità del loro riciclo e la eventuale disponibilità di nuove risorse non ancora esplorate”.
L’Italia che spazio sta dando ai biocarburanti e che spazio sta dando l’Europa: siamo sulla strada giusta sul piano legislativo e degli incentivi?
“La questione automotive è tra i temi al centro dell’attuale confronto europeo: soprattutto la discussione tra carburanti sintetici (e-fuel) e biocarburanti. Lo scorso marzo, Commissione, Consiglio e Parlamento sembrano aver trovato un accordo sul testo della nuova Direttiva sulle fonti rinnovabili (RED), arrivata alla terza revisione, prevedendo un nuovo obiettivo vincolante di quota di energie rinnovabili nel settore dei trasporti entro il 2030 (29%) e per i biocarburanti avanzati (derivati da biomasse non alimentari) per trasporti (4,5%).
Considerato che il settore della produzione di biocarburanti da prodotti agricoli risente infatti della polemica sui rischi di riduzione di produzione alimentare, estrarre biocarburanti dai rifiuti (FORSU, fanghi depurazione e gas discariche) rappresenta un’opzione valida ai fini della decarbonizzazione e la riduzione della dipendenza del nostro Paese. Anche se i biocarburanti non potranno raggiungere una produzione tale da coprire una quota apprezzabile dei consumi automobilistici.
Sulla scia del contesto e dei vincoli dettati dalle norme europee, segue poi il sistema degli incentivi ai biocarburanti normato a livello nazionale e finalizzato a promuoverne l’utilizzo, anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi posti all’Italia dalle direttive europee”.
Col “bio” siamo in grado di superare le speculazioni che hanno generato rialzi immotivati dei prezzi del carburante? Quali sono le materie o i procedimenti che si utilizzano per generare “carburante pulito”?
“Come già ricordato, i biocarburanti non potranno coprire in modo significativo tutto il settore dei trasporti. Alcuni produttori e distributori oggi vendono carburanti solo bio ma si tratta ancora di una nicchia. Per quanto riguarda la produzione di bio-fuel da rifiuti organici, negli ultimi decenni si è sviluppato e consolidato un sistema industriale dedicato che ha visto un aumento in particolare degli impianti di digestione anaerobica. La raccolta della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU), sulla spinta dei target europei, è costantemente in crescita nell’ultimo decennio. La digestione anaerobica della frazione umida, associata all’upgrading del biogas a biometano acquisisce, nel quadro complessivo della gestione dei rifiuti urbani, un ruolo potenzialmente strategico e perfettamente in accordo con un approccio ‘circolare’, su cui l’Europa sta improntando la rivisitazione delle proprie politiche di sviluppo. Basti pensare che, qualora tutta la frazione umida potenzialmente intercettabile nel nostro Paese (intorno alle 6 Mton nel 2020) fosse riciclata passando per una fase di digestione anaerobica, il biogas prodotto (considerando una produzione media prudenziale di 110 Nm3/ton al 60% di CH4) potrebbe generare un quantitativo di biometano – biocarburante avanzato – che potrebbe alimentare le flotte di mezzi destinati alla raccolta dei rifiuti urbani prodotti (circa 30.000.000 t/anno)”.
Per chiudere, quali sono le ultime novità nel campo dei biocarburanti? La ricerca sta facendo buoni progressi? Quando arriverà nella grande distribuzione il “carburante pulito”, secondo lei?
“Il settore è in forte evoluzione anche grazie alla spinta data dal Green Deal europeo, al PNRR e alla sfida per il contrasto ai cambiamenti climatici. Grandi gruppi stanno investendo in bioraffienerie, grandi utilizzatori di carburanti stanno convertendo le flotte ai nuovi carburanti di origine biologica. Diverse novità stanno arrivando anche dall’individuazione di biomasse innovative per la produzione di combustibile non in competizione con le produzioni agricole (ad esempio le alghe marine) e dal riciclo chimico dei materiali plastici, per la produzione di carburanti innovativi a basse emissioni da usare per i trasporti aerei, marini e anche per i veicoli.
Non so quando potremmo parlare di un ‘carburante pulito’ per la grande distribuzione, ma certamente per cercare di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di minore dipendenza non solo europea ma anche nazionale sul tema, sin da oggi è certamente fondamentale garantire la disponibilità di un mix di soluzioni, tra cui includere anche i biocarburanti”.