Oggi è un giorno speciale: la “Giornata della Terra”, iniziativa che nasce negli Usa sulla scia di una crescente coscienza ambientalista nel 1970. È un evento in cui milioni di persone si mobilitano per chiedere maggiore rispetto per il pianeta: nel 1990 l’Earth Day diventa globale mobilitando 200 milioni di persone in 141 Paesi. Oggi, un miliardo di persone in 192 Paesi con azioni e partner coordinati a livello globale dal network no profit Earthday.org. stanno lanciando un nuovo messaggio: “Invest In Our Planet” (Investire nel nostro Pianeta), che è il tema del 2022 annunciato dagli organizzatori. Anche il motore di ricerca Google partecipa a questa iniziativa con un doodle, un’immagine che rappresenta il Kilimangiaro: si può notare in modo molto evidente il calo dell’estensione del ghiacciaio africano negli ultimi 34 anni. È un modo per far capire che i cambiamenti climatici non devono essere sottovalutati, se non vogliamo spingere l’umanità verso l’autodistruzione. Eppure in Italia continuiamo a essere troppo lenti nel percorso di transizione ecologica, che comporta uno sviluppo globale delle rinnovabili. Ci sono voluti 14 anni per il Beleolico, primo impianto eolico marino del Mediterraneo, proprio di fronte al porto di Taranto. È stato inaugurato ieri: con i suoi 30 megawatt darà elettricità a 60 mila persone. Nelle stesse ore il Consiglio dei ministri ha sbloccato la realizzazione o il potenziamento di sei parchi eolici in Puglia, Sardegna e Basilicata. Ma se la burocrazia frena, intasa di scartoffie i procedimenti, crea problemi paesaggistici inesistenti, quando riusciremo a entrare nella nuova era dell’indipendenza energetica pulita? L’eolico cresce al ritmo di 400-500 megawatt di nuova potenza all’anno, ma in Italia ci sono impianti per circa 10 mila megawatt: dobbiamo raggiungere il doppio della potenza entro il 2030. Ma come si fa con la lentezza del nostro sistema burocratico-autoruzzatorio e con le Soprintendenze che dicono sempre di no? Come si fa se per un impianto come Taranto ci mettiamo 14 anni? Legambiente non ci sta: ieri il flash mob degli ambientalisti aveva come obiettivo un appello al governo. O si cambia o perderemo una grande opportunità: risparmiare evitando di avvelenare il pianeta. “Dopo 14 anni di ritardi e ostracismi istituzionali – ha tuonato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – finalmente a Taranto parte il primo parco eolico off-shore del Mediterraneo. È un caso emblematico della via crucis autorizzativa del nostro Paese: il progetto proposto nel 2008 ha avuto la contrarietà degli enti locali e ricevuto il parere negativo della sovrintendenza per un impatto visivo francamente incomprensibile, considerando la presenza delle ciminiere dell’ex Ilva, della raffineria Eni, del cementificio e delle gru del porto industriale. Il caso di Taranto è purtroppo solo la punta di un iceberg”. Siamo all’autolesionismo burocratico: serve una vera svolta. La palla passa al governo Draghi.
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