ROMA – Un governo può cadere per un sì a un termovalorizzatore, visto che ce ne sono già 37 in Italia? La risposta è sì, se gli ambientalisti in Parlamento si erano impegnati con gli elettori a dire “mai più”. Il problema è che il sindaco Gualtieri persegue una certa “realpolitik”, da politico pragmatico, perché nel breve periodo non vede altra strada per fermare l’invasione di rifiuti, con cinghiali al seguito. Roma continua ad affondare nell’ immondizia. Legambiente resta sulle sue posizioni: “La costruzione di un enorme Termovalorizzatore nella Capitale è una scelta totalmente sbagliata e contraria alle politiche ambientaliste”. La struttura dovrebbe avere una capienza 600.000 tonnellate annue. La costruzione di quello che sarebbe il secondo più grande Termovalorizzatore italiano nella Capitale è una scelta totalmente sbagliata, contraria alle politiche ambientaliste e ai principi di sviluppo ecosostenibile ed economia circolare – hanno dichiarato qualche mese fa Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio e Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – Un progetto simile andrebbe in direzione esattamente contraria anche a percorsi virtuosi messi in campo da questa stessa amministrazione”. A Roma si producono 1.700.000 tonnellate annue di rifiuti (con la sola eccezione del dato più basso del 2020 anno del lock-down), 600.000 tonnellate sarebbero quindi l’enorme residuo, se si arrivasse al 65% di raccolta differenziata e non oltre, obiettivo di legge che ogni comune avrebbe dovuto raggiungere entro il 2012, da 10 anni.
“Il dimensionamento ipotizzato per questo impianto– hanno affermato più volte i rappresentanti di Legambiente – condannerebbe addirittura Roma a non poter superare il 65% di differenziata, proprio per la necessità di alimentarlo di rifiuti: immaginare poi che un Termovalorizzatore del genere possa provocare un impatto ambientale sostanzialmente nullo come abbiamo letto, è chiaramente falso. Chiediamo al Campidoglio di tornare indietro e faremo tutto il necessario perché ciò avvenga. Bisogna invece spingere il porta a porta a tutte le utenze domestiche, puntare ad una differenziata altissima, alla tariffa puntuale, a nuove isole eco-logiche e biodigestori per l’organico, dinamiche che sembravano essere parte delle scelte dell’amministrazione capitolina e che invece verrebbero spazzate via in un attimo dall’idea di costruire un enorme Termovalorizzatore”. Ma l’amministrazione capitolina è andata avanti, come anche Mario Draghi. Il risultato è che M5S si è tirato indietro per non tradire la principale battaglia ambientalista che lo ha condotto sugli scranni del Parlamento. Il termovalorizzatore è un inceneritore che converte il calore generato dalla combustione dei rifiuti in energia destinata ad altro uso: quindi una certa circolarità esiste, ma esistono anche delle emissioni ritenute molto pericolose dagli ambientalisti.
Infatti, nonostante i termovalorizzatori di nuova generazione siano molto più sicuri la correlazione tra l’inquinamento che creano con alcune gravi malattie, come il cancro, è scientificamente provata. Per Legambiente incenerire i rifiuti è tutt’altro che green. Solo in Italia utilizziamo il termine “termovalorizzatore”, inoltre questo metodo di smaltimento per l’Europa non può essere considerato utile per la transizione ecologica. “L’inceneritore non è nemmeno conveniente- spiegano gli ambientalisti – L’Europa ha alzato le tariffe per questo tipo di smaltimento (80 euro a tonnellata)”. Un inceneritore, fra l’altro, ha sempre bisogno di una discarica di servizio. “Il decoro delle città si assicura con una ben organizzata raccolta differenziata” – insiste Legambiente. Ora ci sono 4 giorni per capire se Draghi resterà al suo posto, nonostante il “no” del Movimento 5 Stelle basato sul rifiuto dei termovalorizzatori e del ridimensionamento del reddito di cittadinanza.