di Gaetano Gorgoni
Maria Grazia Mammuccini, imprenditrice agricola e amministratrice unica della Società Agricola Nuova Agricoltura (azienda vitivinicola e olivicola a conduzione biologica), nel 2019 è diventata Presidente FederBio: da anni lotta per difendere la produzione “pulita” e anche per lo stop ai glifosati. La sua è una battaglia costante per un’agricoltura sempre più “green”, che blocchi prima dell’arrivo sulle nostre tavole qualsiasi sostanza nociva.
“La legge è estremamente importante perché contiene elementi indispensabili per favorire la transizione ecologica dei sistemi agricoli italiani. Fornisce gli strumenti che permettono di spingere sull’acceleratore in un momento particolarmente importante visto anche lo stanziamento di risorse strategiche per il settore. Per quanto riguarda il posizionamento del nostro Paese nel mercato del bio, l’Italia si conferma leader in Europa sia per numero di operatori, oltre 70mila, che come incidenza di superficie bio sul totale che si attesta al16,6 %. Inoltre, con 2,1 milioni di ettari, 102mila in più rispetto al 2019, il nostro Paese è il terzo nella Ue come superficie coltivata a biologico, dopo Spagna e Francia”.
“L’agricoltura biodinamica è una pratica agronomica che si riconduce al metodo biologico, già riconosciuta fin dal primo Regolamento europeo del 1991 in materia di agricoltura biologica. È stata fatta una narrazione strumentale per screditare la biodinamica utilizzando tanti argomenti. Si sono descritti i preparati biodinamici come pratiche esoteriche, quando in realtà si tratta di mezzi tecnici iscritti nell’elenco dei prodotti ammessi per il biologico dai Regolamenti Ue e regolarmente autorizzati al commercio dai decreti ministeriali in vigore nel nostro Paese. Inviterei chi ha disegnato la biodinamica come ‘stregoneria’ a far visita alle tante realtà di aziende biodinamiche del nostro Paese per vedere da vicino di cosa si tratta. Sono aziende innovative che lavorano con grande motivazione, nel rispetto della natura, occupando spesso giovani. Il biodinamico è una pratica agronomica che si riconduce al metodo biologico e che continuerà a essere sostenuto, come lo è stato fino ad oggi”.
“Per essere biologico un prodotto deve rispettare le norme previste dal Regolamento europeo sul bio ed essere sottoposto ad un sistema di controllo per ottenere la certificazione a tutela dei consumatori, contrassegnata dal logo biologico europeo, l’eurofogliaverde, che dal 1° luglio 2012 è divenuto obbligatorio su tutti gli alimenti biologici preconfezionati prodotti nella Ue. La nuova legge sul bio instituisce poi il marchio ‘Biologico italiano’ di cui potranno fregiarsi tutti i prodotti biologici ottenuti da materia prima esclusivamente italiana. Per essere biologico un alimento deve essere prodotto senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi per la concimazione dei terreni, per la lotta alle piante infestanti, ai parassiti animali e alle malattie delle piante; inoltre è vietato l’uso di organismi geneticamente modificati (OGM). Il biologico ricorre a pratiche essenzialmente preventive, selezionando specie locali resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di coltivazione adeguate. La bioagricoltura rispetta l’ambiente, contribuisce a mitigare l’impatto climatico, creando, inoltre, nuove opportunità di occupazione, in particolare per i giovani e le donne”.
“Il consumatore è sempre più attento alla sostenibilità e alla provenienza degli alimenti che acquista. Dai dati dell’Osservatorio SANA, promosso da Bologna Fiere e curato da Nomisma, nel 2021 (anno terminante a luglio) i consumi interni hanno registrato una crescita del 5% rispetto all’anno precedente. La spesa delle famiglie italiane si è attestata a 4,6 miliardi di euro: 9 famiglie su 10 hanno acquistato almeno un prodotto biologico nell’anno in corso. Negli ultimi dieci anni i consumi interni hanno registrato un’impennata del 133%. In grande crescita anche l’export del bio made in Italy, che nel 2021 ha fatto segnare +11%. Con una quota di 2,9 miliardi di euro, l’Italia è il secondo Paese esportatore dopo gli Stati Uniti. In questi ultimi mesi ci sono però segnali di stasi nei consumi interni per le difficoltà economiche che molte famiglie stanno attraversando. Ma nonostante questo credo che il biologico sia una delle risposte in questo momento di crisi. Stiamo vivendo un periodo di crisi interconnesse: ambientale, alimentare ed energetica. Emergenze, acuite dal conflitto bellico in Ucraina, che ha visto l’impennarsi del costo delle materie prime, dei pesticidi e concimi chimici, uniti a quelli dell’energia, rischia davvero di strangolare le imprese agricole costringendole alla chiusura, visto che i prezzi dei prodotti per gli agricoltori e gli allevatori coprono ancora meno i costi di produzione. Ecco perché è assolutamente necessario e urgente ripensare il nostro sistema di produzione alimentare per renderlo più indipendente da input esterni e più resiliente. Il biologico è un metodo che può dare nuove opportunità agli agricoltori, valorizzando la qualità dei prodotti e del territorio, rilanciando circuiti locali di produzione e consumo e offrendogli la possibilità di spuntare prezzi che permettono alle aziende di andare avanti. Per questo occorre investire su modelli virtuosi come i distretti biologici e su filiere di prodotti made in Italy bio fondate sul principio del giusto prezzo, utili anche ai fini dell’autosufficienza alimentare”.
“La viticoltura bio cura la fertilità del suolo, la biodiversità e gli ecosistemi e riveste un ruolo centrale all’interno del processo di transizione ecologica verso un’agricoltura sempre più sostenibile. Ma soprattutto unisce il valore dell’identità territoriale delle denominazioni di origine con quello del rispetto dell’ambiente e della salute attraverso la certificazione bio, aumentando la reputazione dei nostri vini sui mercati internazionali. In Italia i vigneti bio rappresentano il 18% della superficie vitata totale: si tratta della percentuale più alta in Europa e nel mondo. Ritengo che il futuro della viticoltura sarà sempre più bio, un metodo produttivo sostenibile che rispetta l’ambiente valorizzando l’identità dei territori. Passare al biologico richiede tuttavia competenze e maggiore professionalità. Ecco perché è fondamentale investire in ricerca, formazione, assistenza tecnica e campagne informative per spiegare i valori del biologico”.
“Quando sono stata nominata nel giugno del 2019 al primo punto delle priorità del mio mandato c’era l’approvazione della legge sull’agricoltura biologica e agire sulle scelte relative al nuovo ciclo di programmazione della PAC affinché puntassero a un modello agricolo basato sui principi dell’agroecologiacon investimenti strategici per l’agricoltura biologica.
La legge è stata finalmente approvata e ci consente di avere tutti gli strumenti necessari per sostenere una fase di passaggio strategico per il settore, puntando alla realizzazione di filiere di Made in Italy bio al giusto prezzo, al riconoscimento e sostegno alla diffusione dei distretti biologici, al rafforzamento degli investimenti per la ricerca e l’innovazione, la formazione ed i servizi tecnici, al miglioramento del sistema dei controlli e alla tutela del settore con il riconoscimento di un organismo interprofessionale.
Inoltre dalla fase attuale e fino al 2027, saranno messe in campo una notevole quantità di risorse per favorire lo sviluppo del biologico che complessivamente ammontano a quasi 3 miliardi di euro, considerando i finanziamenti contenuti nel Fondo per il biologico, nel PNRR e nel Piano Strategico Nazionale della PAC. Ora si tratta quindi di dare gambe agli obiettivi stabiliti dalla legge, attraverso la definizione del Piano d’azione nazionale del biologico che consenta di spendere bene le risorse a disposizione, impostando una strategia finalizzata sia sulla crescita della produzione che sull’aumento dei consumi, in coerenza con le politiche europee del Green Deal”.