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Intervista al presidente Legambiente Puglia Ronzulli: “400 progetti sulle rinnovabili bloccati. A qualcuno conviene la nostra dipendenza energetica”

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di Gaetano Gorgoni 

PUGLIA – Legambiente sta combattendo delle importantissime battaglie sul territorio pugliese, da quella contro i combustibili fossili, di cui si nutrono Ilva e Cerano, a quella per la difesa delle coste e dei nostri polmoni verdi, fino alla grande battaglia per lo sblocco dei progetti che riguardano le rinnovabili. Oggi ne parliamo con il presidente regionale di Legambiente Puglia Ruggero Ronzulli.

Presidente, Legambiente ha chiesto con forza un piano nazionale per gli eventi climatici estremi: secondo Lei, questo tema potrà avere spazio nell’agenda del futuro governo, a prescindere dal vincitore? La Puglia è tormentata da siccità e caldo africano. Può usare le nostre pagine per un appello.

“La natura e il pianeta ci stanno dimostrando, giorno dopo giorno, con eventi climatici estremi, che non c’è più tempo di attendere o di rimandare ai prossimi governi. Abbiamo visto qualche settimana fa lungo la costa adriatica, il formarsi di improvvisi tornadi e trombe d’aria, cosa che fino a qualche anno fa era impensabile lungo le nostre coste. Oppure il nord Italia trovarsi sommerso d’acqua con piogge improvvise. Per non parlare dell’allarme siccità, dei morti climatici avvenuti con lo scioglimento della Marmolada. Tutto questo ci deve aprire gli occhi e far agire urgentemente con Piani d’azione a livello nazionale, regionale e locale. La natura e il pianeta non aspetta i nostri tempi, ma già da anni sta agendo per farsi strada e riprendersi quello che noi abbiamo danneggiato ed occupato a loro discapito. Essere consapevoli di questo è il primo passo necessario per poter agire realmente e seriamente per il bene comune”.

Oggi continuiamo a sentire parlare di nuovi rigassificatori, intanto gli eolici offshore non decollano, nemmeno quello di fronte alle coste del Salento. Ci vogliono troppi anni per sbloccare i progetti sugli impianti delle rinnovabili. C’è una soluzione a questo problema?

“Il problema dello sblocco delle rinnovabili deve essere al centro dell’agenda politica ad ogni livello, perché tecnicamente per autorizzare un impianto basterebbero sei mesi e invece, in Italia, la media diventa cinque anni. Questo perché dietro il tema dell’energia ci sono interessi alti e lo stiamo vedendo con lo scoppio della guerra in Ucraina. Oggi, però, che i cittadini stanno toccando con mano la mancanza in Italia di una politica energetica, non c’è più tempo di attendere. Solo in Puglia abbiamo circa 400 progetti delle rinnovabili bloccati e basta pensare che una volta sbloccato basterebbe meno di un anno per realizzare un impianto e metterlo in funzione e consentire al nostro paese di raggiungere rapidamente l’autosufficienza energetica. Ma forse qualcuno non vede di buon occhio questa possibilità perché vorrebbe dire che l’Italia può fare a meno del gas anche dagli Stati Uniti. Oggi sentiamo parlare di rigassificatori , ma qualcuno si è chiesto come questi funzionerebbero? Dove prenderemo il Gas? Non basta cambiare ‘spacciatore’ per risolvere il problema, ma è fondamentale fare una forte cura di disintossicazione e questo è possibile solo con le rinnovabili”.

A volte si ha l’impressione che gli ambientalisti del paesaggio remino contro gli ambientalisti delle rinnovabili…Possibile che ci siano così tanti progetti di eolico e fotovoltaico “arenati”?

“Purtroppo, come in ogni cosa, si vengono a creare contrasti e differenti visioni, questo perché la base culturale su cui agiamo è abituata a vivere il momento e non le visione future. Basti pensare che oggi sembra normale vedere i tralicci elettrici alti centinaia di metri, ma non vedere una pala eolica. Sembra normale vedere le torri di Cerano di Brindisi o le torri dell’Ex Ilva, ma non una pala eolica. Questo è perché siamo già nati con queste strutture e siamo abituati a vederle quotidianamente dandole per scontato. Ma le generazioni future vedranno normale o scontato vedere le pale eoliche tutt’uno con il paesaggio, perché nati già con questa conformazione ambientale. Il contrasto non è solo tra associazioni, ma è principalmente istituzionale, basti vedere i veti posti dalle Sovrintendenze e dal Ministero dei Beni Culturali nei confronti del Ministero della Transizione Ecologia e ogni volta deve intervenire il governo per sbloccare i progetti delle rinnovabili. Questo non è più tollerabile in una situazione di emergenza economica e sociale e il governo e la politica deve dare delle priorità chiare anche in termini autorizzativi e di competenza”.

La promessa di un’Ilva alimentata a energia pulita è possibile o è meglio tifare per la chiusura?

“In altri paesi europei la produzione di acciaio verde, attraverso forni elettrici o addirittura idrogeno verde è già una realtà. Il tema è perché in Italia si tarda a sperimentare e provarci?Chiudere oggi l’ex Ilva vorrebbe dire paralizzare migliaia di famiglie e aziende, dirette e indirette, ma in tutti questi anni in cui si è parlato si è fatto qualcosa di alternativo per ricollocare eventualmente tutti questi occupati o aziende dell’indotto? Si sono creati nuovo posti di lavoro? Mi pare proprio di no! Rendere l’ex Ilva un polo di produzione di acciaio verde deve essere la vera grande sfida per la Puglia e l’Italia, ma questo perché all’estero viene già fatto, mentre in Italia preferiamo svendere le nostre industrie e lasciare che i problemi sociali, ambientali ed economici siano affrontati in emergenza invece di fare una pianificazione reale e concreta”.

Ultimamente “Goletta Verde” ha  analizzato le acque della Puglia: qual è lo stato di salute del nostro mare e quali le criticità?

“Tutti i 29 campionamenti effettuati sono risultati nei limiti di legge. Questo ci fa ben sperare nei miglioramenti effettuati anche in ambito di depurazione. Però è fondamentale non abbassare la guardia e controllare costantemente non solo le zone balneabili, ma soprattutto i canali e le foci”.

Il presidente Ciafani ha detto che bisogna smetterla di vedere i depuratori come il male assoluto. Dei buoni depuratori, all’avanguardia, possono far bene anche all’agricoltura? Possiamo utilizzare l’acqua del mare nel settore agricolo?

“Certamente. Deve essere la nostra sfida prioritaria, soprattutto in quelle zone della Puglia che hanno visto a causa della Xylella la devastazione del patrimonio agricolo. Utilizzare l’acqua affinata in agricoltura è cruciale per far fronte alla crisi idrica, ma anche alla possibilità di variare le culture agricole. Però è fondamentale una forte spinta a livello regionale che sensibilizzi gli agricoltori, ancora molto scettici, nel utilizzare questa importante risorsa. Il tutto, come sempre, sta nella formazione e informazione”.

Siamo riusciti a fermare la dispersione di acqua dalle tubature nel nostro acquedotto pugliese?

Dai dati che Acquedotto Pugliese fornisce si sono fatti dei piccoli passi avanti, ma la dispersione in Puglia è ancora molto alta perché sfiora quasi il 45%. Sarà fondamentale un intervento massiccio perché questo comporta anche un grande dispendio economico per l’Ente e per i cittadini”.