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Italia con la più bassa autonomia energetica d’Europa: con le rinnovabili può svoltare. Per troppi anni tanti incapaci ai posti di comando

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L’Italia produce nel proprio territorio solo il 22,5% dell’energia consumata, a fronte di una media europea del 39,5%. Sappiamo che acqua, sole, vento e rifiuti possono trasformarsi in energia, ma solo circa il 40% dell’energia prodotta viene dalle fonti rinnovabili. Un Parlamento atrofico non ha saputo velocizzare gli iter autorizzativi di eolico off-shore e tanto altro. I Ministeri interessati avrebbero potuto stabilire in anticipo le aree marine dove far sorgere gli impianti galleggianti per evitare anni di attese e, invece, si procede con i soliti bizantinismi che ci hanno portati vicino all’orlo del precipizio, con una guerra del gas che danneggia in primis i paesi dipendenti dalla Russia come il nostro. Per anni non abbiamo avuto una vera strategia di autonomia energetica a causa di un numero troppo alto di gente inadeguata e incapace che ha affollato il Parlamento. In questi anni, invece di sforzarsi di riempire i tetti delle scuole e degli edifici pubblici con il fotovoltaico, con decreto che finanziasse l’operazione e obbligasse tutti a farlo, abbiamo proceduto a macchia di leopardo. Nel Position Paper realizzato da The European House – Ambrosetti, in collaborazione con A2a e presentato alla 48esima edizione del Forum in corso a Cernobbio, è emerso che agendo su elettrificazione dei consumi ed efficientamento, si potrebbe raggiungere il 58,4% di autonomia energetica in breve tempo, quasi triplicando gli attuali livelli, con un incremento di circa quattro volte rispetto a quello rilevato negli ultimi 20 anni.

È proprio questo report, realizzato da grandi esperti, che ci mette di fronte alla realtà di un’Italia che produce solo il 22,5% dell’energia che consuma. Un disastro realizzato in 30 anni di “mala politica”, che ha scardinato diritti sociali, diritto del lavoro (creando precari a vita) e ha svenduto i “gioielli di famiglia” privatizzando quello che non poteva essere privatizzato. Questa crisi energetica non è nient’altro che il fallimento del neo-liberismo. Senza uno Stato forte che sappia progettare, guidare e frenare le speculazioni e gli interessi di certe lobby ci ritroviamo in balìa delle onde del mercato a briglie sciolte. Come ricordavano premi Nobel come Stiglitz e Krugman, la mano invisibile del mercato non rimette tutto a posto da sola, ma si trasforma in un pugno mortale sulla faccia dei ceti medi e bassi se non c’è uno Stato capace di regolare le disuguaglianze. Le energie rinnovabili sono parte della lotta alle disuguaglianze: sono il bene collettivo e democratico da far crescere e tutelare (staccandolo dal prezzo del gas).

I combustibili fossili puzzano sempre di più di guerra e di morte e noi continuiamo a sonnecchiare invece di avviare un’azione politica di grande svolta. L’Italia è quintultima in Ue per autonomia energetica, davanti solo a Malta (2,7%), Lussemburgo (5,0%), Cipro (7,2%) e Belgio (22,4%). L’Italia ha cominciato a correre dagli anni 2000 in poi. Ma bisogna accelerare di più. Adesso l’opportunità di sviluppo in Italia è pari a 105,1 GW addizionali, quasi 5 volte la capacità installata odierna. Di questi GW incrementali, circa il 40% è legato agli impianti installati sui tetti, mentre il 60% agli impianti a terra. In particolare, Lombardia, Sicilia e Puglia valgono insieme il 32% della potenza addizionale. Eolico e fotovoltaico possono raddoppiare: la strada è segnata verso l’autonomia energetica. Bisogna essere in grado di mettere in campo una “rivoluzione green veloce” con il prossimo governo.