TORRE DELL’ORSO (MELENDUGNO) – Le foto sono impietose: ce n’è una appesa all’interno di una famosa gelateria che ritrae la meravigliosa spiaggia di Torre dell’Orso (nel Salento) 30 anni fa. Oggi ne è rimasta la metà, forse anche di meno. Le onde sono arrivate fino alla vecchia struttura in pietra, un lido storico che da anni deve fare i conti con un’erosione inarrestabile. Stessa situazione su tante coste pugliesi, calabresi e siciliane. Sono state sbancate le dune per decenni. Poi i cambiamenti climatici hanno fatto il resto. Sono stati costruite strutture in pietra e persino case sulle spiagge (Porto Cesareo è il più sfregiato). Poi il mare si è vendicato. Secondo gli esperti le strutture artificiali hanno accelerato l’erosione. La metà delle coste siciliane è a rischio. L’artificializzazione delle mete costiere dagli anni ‘60 ad oggi è stata devastante.
L’INTERVISTA AL GEOLOGO
Professore Stefano Margiotta, in qualità di geologo potrebbe dirci se c’è un modo per frenare l’avanzata del mare sulle nostre coste e lo sgretolamento della falesia. Cominciamo dalla spiaggia: il mare ne divora chilometri. È colpa dell’uomo che ha sbancato le dune e costruito strutture in pietra?
“La risposta richiede tutta una serie di approfondimenti, ma cercherò di essere sintetico. È evidente che la maggior parte delle coste italiane sono in arretramento. Questo fenomeno è dovuto all’erosione. Ai fenomeni naturali, causati dai cambiamenti climatici si aggiungono quelli antropici, che per quanto riguarda il Salento ci riguardano da vicino e da lontano. Da vicino perché negli anni l’uomo ha costruito e cementificato nei pressi della costa, pensando che fosse una linea fissa e non dinamica. È stato sottovalutato il fatto che il paesaggio è assolutamente dinamico e non statico. Una costruzione realizzata al posto di una duna negli anni ‘70, quando aveva davanti 40 metri di spiaggia, oggi si trova completamente in mare (sono state autorizzate o condonate tantissime opere, sia private che pubbliche, come le strade, che oggi si ritrovano in acqua): ci sono tantissimi di questi casi. Il mare avanza sull’ambiente continentale. Dunque, il primo grande errore è stato quello di considerare il paesaggio statico, quando il paesaggio costiero è fortemente dinamico. Le strutture invasive sono elementi che irrigidiscono il sistema perché non consentono alla linea di riva, nel caso specifico le coste basse, di arretrare in funzione dell’avanzamento del livello del mare. Questo irrigidimento strutturale, oltre a favorire l’erosione, cancellando le dune, che erano fondamentali nel contenere l’avanzata, ha accelerato l’avanzata del mare. Oggi possiamo fare ancora qualcosa per frenare l’erosione: si possono ricucire e ricostruire i cordoni dunali dov’è possibile. Dobbiamo favorite politiche di rinaturalizzazione, arretrando dei manufatti, sostituendo muratura e cemento con strutture amovibili. Inoltre dobbiamo essere in grado di monitorare tutto il litorale per capire quali sono le forze che agiscono sulle coste. Il monitoraggio del sistema costiero deve riguardare la spiaggia e il mare”.
Come si può proteggere Torre dell’Orso, situata sulle rocce che continuano a sgretolarsi? Bisogna buttare in mare barriere di pietra?
“Pennelli e altro costruiti per difendere le coste dal moto ondoso oggi potrebbero non essere in grado di raggiungere gli obiettivi previsti: tutti gli interventi devono essere rivisti in funzione delle nuove condizioni climatiche. Per quanto riguarda le coste alte è fondamentale un rilievo dettagliato dello stato di salute per determinare le situazioni di stabilità e gli interventi idonei alla messa i sicurezza. Non c’è un intervento buono per tutti: bisogna studiare la caratterizzazione e pensare a interventi ad hoc. Per quanto riguarda Torre dell’Orso, siamo di fronte a una particolare insenatura, sfregiata dalla cementificazione, con un cordone dunale e pineta. Deve essere effettuata una caratterizzazione puntuale e bisogna individuare le azioni migliori di rinaturalizzazione, ripristino e messa in sicurezza dei luoghi. Gli interventi devono essere fatti con criterio. Possono essere programmati interventi a mare, ma solo se sono contemporanei a interventi di risanamento della parte a terra. Se abbiamo un cordone dunale smembrato in più punti, non servono le semplici barriere a mare. La sabbia che viene intrappolata con questi sistemi di difesa, può passare attraverso i varchi, con un sistema dunale smembrato, può migrare fino a creare cordoni dunali nell’entroterra. Tutto questo è determinato da tutta una serie di opere invasive edificate sempre con l’idea della staticità del paesaggio. Oggi dobbiamo valutare persino l’impatto antropico delle persone che frequentano questa insenatura. Siamo proprio sicuri che tante persone possano riversarsi contemporaneamente in questa insenatura, che oggi sembra non poterli più contenere. L’antropizzazione dei luoghi naturali fa tutto il resto: l’insenatura di Torre dell’Orso, ad esempio, non regge più tutta quella gente e non è peregrina l’idea di far diventare quella spiaggia a numero chiuso. L’espansione urbanistica è stata notevole su un’insenatura piuttosto limitata.