Legambiente, WWF e Greenpeace prendono posizione sulle nuove misure che il governo Draghi sta adottando in campo energetico. L’Italia non ha bisogno di soluzioni tampone, secondo gli ambientalisti, che parlano di “decisioni scellerate e insensate”. Lo spettro del ritorno al carbone rinvigoritosi con la guerra in Ucraina agita i sonni di chi sperava in un’accelerata della transizione energetica.
Per gli ambientalisti bisogna premere l’acceleratore solo sullo sviluppo delle fonti rinnovabili: è l’unica soluzione efficace per contrastare davvero il caro-bolletta. In attesa del decreto ministeriale entro i prossimi tre mesi, dal piano strategico non è arrivata nessuna roadmap per lo stop definitivo alle trivellazioni. Legambiente attacca: “Nell’affrontare il caro bollette ancora una volta il Governo sta sbagliando strada e soluzioni da adottare”. In vista del prossimo Cdm, Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia tornano a ribadire che “il Paese non ha bisogno di soluzioni tampone, scellerate e insensate”: “Non serve raddoppiare la produzione del gas e avviare nuove trivellazioni a terra e a mare. I veri interventi da mettere in campo, e che purtroppo al momento ancora latitano, riguardano la decuplicazione della velocità di sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dal solare fotovoltaico e dall’eolico, e l’avvio di serie politiche di efficienza energetiche nei consumi domestici e nei cicli produttivi. Occorrono soluzioni credibili e radicali per ridurre le emissioni di CO2, semplificando anche le procedure autorizzative e garantendo un ruolo sempre maggiore alle fonti rinnovabili e ai sistemi di accumulo e correggendo e stabilizzando il superbonus edilizio del 110%. Solo così si potranno ridurre davvero le bollette e aiutare allo stesso tempo l’ambiente e le famiglie ad abbattere i costi”. L’incubo delle trivellazioni nei pressi delle coste più gettonate della Puglia ritorna: si tratta di azioni invasive per un ecosistema fragile. Mentre procedevamo verso la strada della transizione ecologica, le ombre della guerra rischiano di farci fare un passo indietro. “Il gas fossile – sottolineano le associazioni – è un combustibile che minaccia il clima, da cui dipendiamo in modo pericoloso, come dimostra il prezzo attuale delle nostre bollette. L’Italia importa il 94% del gas naturale che utilizza e ciò porta ad un’eccessiva dipendenza dal contesto internazionale e una conseguente vulnerabilità, assolutamente non mitigabile con eventuali nuove estrazioni dalle irrisorie riserve nazionali (agli attuali consumi esauriremmo le riserve certe e probabili di gas nazionale in soli 15 mesi), che non si avrebbe se investissimo nelle rinnovabili e in efficienza. Gli investimenti previsti nel gas fossile, comprensivi di Capacity Market, ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, che verranno sottratti alle energie rinnovabili, unica vera soluzione al cambiamento climatico”. Le associazioni ambientaliste chiedono un Piano strategico per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee come il PiTESAI, in coerenza con l’obiettivo europeo di decarbonizzazione al 2050, uno stop a qualsiasi rilascio di nuove autorizzazioni per concessioni di coltivazioni di idrocarburi liquidi e gassosi a terra e a mare; un’indicazione chiara sul termine ultimo per chiudere qualsiasi attività estrattiva nel nostro Paese (come hanno fatto per legge da Francia e Danimarca); nessuna proroga per le concessioni di coltivazione e i permessi di ricerca che non siano stati sottoposti a VIA (94 concessioni e 1 permesso di ricerca sui 248 titoli minerari vigenti al 30/6/2021)”. Visione, strategia, velocità nel realizzare i progetti di transizione: è questo che chiede Legambiente. La grande scommessa non è tornare indietro, la correre più veloci verso la meta.